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Bigenitorialità “perfetta”. È la scelta migliore per il benessere dei figli?

Quando si parla di separazione non c’è mai nulla di semplice, l’intera realtà familiare viene sconvolta, distrutta ed è necessario trovare un riassetto nuovo e nuovi equilibri. Nuovi ambienti fisici, nuovi modi di relazionarsi e stare insieme, nuove regole, spesso nuove figure parentali (fratellastri, matrigne, patrigni…che brutte parole, speriamo in neologismi futuri!). La separazione è un evento di vita accompagnato da molto dolore, conflitti, esperienze traumatiche. Ogni membro della famiglia vive in maniera diversa questo evento, ma per tutti è molto spaventoso, faticoso e doloroso.

I genitori sono in una condizione di debolezza durante una separazione, sono presi dalle proprie ferite emotive, dalle difficoltà logistiche ed economiche, dalla rabbia verso l’ex coniuge e spesso diventa difficile prendersi cura contemporaneamente del benessere dei figli. Quest’ultimi devono essere quindi massimamente tutelati dalla legge, messi al centro, proprio perché sono gli attori più deboli, più esposti, più a rischio di subire situazioni traumatiche, con effetti nefasti a breve e a lungo termine.

Non è possibile “standardizzare” le separazioni perché ognuna ha le sue caratteristiche e la sua storia, ma servono delle linee guida e quelle proposte dal DDL Pillonnon sono adeguate, a partire dalla bigenitorialità al 50%.

L’affidamento congiunto con la divisione a metà del tempo e mantenimento diretto è la decisione migliore per il minore? NO. Perché bisognerebbe fare prima molti distinguo, che in questa legge non vengono fatti.

Primo: I genitori sono in grado di collaborare? Con un’alta conflittualità questa soluzione diviene la peggiore per i figli che si ritroveranno quotidianamente al centro della guerra fra i due genitori. Per gestire questa altissima complessità, emotiva, logistica, economica, che è l’affido al 50%, è necessaria una buona dose di solidità personale, cooperazione e buon senso.Ricordiamoci che In casi di alta conflittualità anche la mediazione familiare si rileva assolutamente impraticabile.

Secondo: se dunque non c’è flessibilità tra le parti, pensate come si possa sentire un figlio che viene esattamente “diviso” a metà fra i genitori, senza tenere minimamente conto dei suoi bisogni e i suoi sentimenti? Forse penserà che è importante solo il benessere di mamma e papà e non il suo. E’ lui che deve sostenere i bisogni dei genitori quando dovrebbe essere il contrario.

Terzo: l’età del minore è di fondamentale importanza, un bambino piccolo non regge continui spostamenti, ed un adolescente ha bisogno di maggiore autonomia nei suoi, ha bisogno di organizzare il proprio progetto di vita, senza che la disgregazione del suo tempo a metà glielo impedisca. Sono bisogni legittimi legati alla fasi evolutive di crescita che non vengono tutelati.

Quarto: ultimo ma non ultimo, le questioni pratiche. E se le case dei genitori sono lontane? Dove rimangono i bambini quando il genitore che lì ha con sé non è in casa? come si gestiscono i materiali di scuola e l’occorrente per le varie attività nei continui spostamenti? Nulla di questo viene preso in considerazione, ma la qualità della vita del bambino può venire molto compromessa anche da queste questioni. Avere un contesto di riferimento continuativo, stabile, ha una ricaduta importante sulla giovane psiche dei figli.

Sono i genitori che si sono divisi, i figli sono delle persone “intere” e non possono essere divise a metà come oggetti di proprietà, frammentando la loro realtà sulle esigenze degli adulti.

Psicologa/Psicoterapeuta

dr.ssa Valentina Benvenuti

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