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L\’AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI: DOVE E\’ IL FOCUS GENITORIALE?

Quando si parla di affido dei minori al Servizio Sociale quale provvedimento prescritto dalla Autorità Giudiziaria, si parla di un tema assai delicato e controverso.
Nel suo significato giuridico, il termine affido prescinde dal collocamento del minore e fa riferimento al concreto esercizio della potestà, ovvero alla assunzione delle decisioni, da quelle straordinarie a quelle ordinarie, da parte dei genitori nell’interesse del figlio minore. Questo è il significato cui dobbiamo fare riferimento quando nei decreti viene definito l\’affidamento ai Servizi Sociali.

Alcuni  poteri decisori dei genitori vengono compressi a favore dell’ente pubblico che, quindi, è tenuto a svolgere un lavoro di guida, controllo/monitoraggio di determinati aspetti della vita del minore.
Differenti sono i motivi alla base di un tale decisione da parte dell’Autorità Giudiziaria e tra questi ritroviamo spesso, anche se non sempre, situazioni di separazione giudiziale e/o altamente conflittuale, laddove spesso interventi “intermedi” già proposti sono risultati fallimentari.

Da qui assistiamo a una serie di reazioni dei genitori coinvolti che si sentono giudicati, colpevolizzati ed esautorati del loro ruolo e che in talune situazioni mostrano reazioni negative di contrapposizione e mancanza di collaborazione.
Certamente si parla di un provvedimento serio, che costringe i coniugi conflittuali a rivedere le loro dinamiche di funzionamento personali e relazionali.

Ci si imbatte nella pratica clinica, in situazioni in cui l’esasperazione del conflitto è arrivata a livelli tali da invadere e compromettere seriamente lo svolgimento della funzione genitoriale in termini sani ed evolutivi. La relazione tra i genitori è uno dei fattori più importanti che influenza lo sviluppo del figlio, quindi nel momento in cui la conflittualità è accesa ed esasperata, questo danneggia e compromette l’equilibrio dello sviluppo.

I minori sono assai sensibili a forme di comunicazione negative, distruttive e alla mancanza di possibilità di soluzione. L’esposizione prolungata a forme distruttive di conflitto tra i genitori, come qualsiasi forma di stress reiterato, provoca problemi nella capacità di autoregolazione e disturbi dell’adattamento.

Ecco perchè talvolta i Servizi Sociali vengono incaricati di svolgere una funzione genitoriale che i genitori in quello specifico momento non riescono a espletare.
Possiamo trovare genitori che, in qualche specifico caso, faticano a convergere sui bisogni del figlio, come se la progettualità condivisa di sé come genitori venisse travolta e offuscata irrimediabilmente da “questioni” proprie della coppia. Eppure a fronte di questo provvedimento, in modo quasi acritico, i genitori si arrabbiano, si sento ipercriticati e svalutati nelle loro competenze, senza rendersi conto di quanto queste, pur presenti a livello potenziale e magari espletate in altre fasi della crescita del figlio e della loro vita, siano attualmente compromesse e sporcate da dinamiche vendicative e rivendicative.

Molte volte il figlio viene addirittura coinvolto e utilizzato come motivo di biasimo e accuse reciproche.
Si sente spesso parlare di genitori arrabbiati in relazione a tale provvedimento e i figli? I figli come stanno? Come vivono questo affido a un terzo estraneo alla famiglia, affido “subito” nei termini di non deciso da loro ma imposto? Anche qui le reazioni cui ci troviamo di fronte sono le più disparate, nel senso che talvolta il provvedimento viene compreso dai minori come una forma di tutela e protezione, altre volte viene visto come una vergogna, un’ingiustizia, fonte di rabbia e delusione rispetto a un divario tra rappresentazione di famiglia “ideale” e famiglia reale, scatena reazioni di collusione e scarsa differenziazione con uno dei genitori ritenuto meno colpevole della distruzione del legame familiare. In altri casi, l’affido a un terzo e in questo specifico caso ai Servizi Sociali, viene valutato dai minori quale opportunità di cambiamento, perchè viene rivisto il funzionamento familiare che talvolta beneficia degli aiuti e si riorganizza alla luce di nuove
consapevolezze.
Là dove l\’essere genitori è a vita, a prescindere che lo si sia desiderato o meno. Certo poi la funzione genitoriale si modifica nel tempo e va incontro a una sua “morte” funzionale che però, certamente, non si verifica in età evolutiva, laddove i figli hanno necessità di essere accuditi e nello stesso tempo sostenuti nel valorizzare le proprie potenzialità e quindi la propria individualità.

Divenire genitori implica una assunzione di responsabilità nei confronti del minore che non andrebbe mai persa di vista anche quando le dinamiche di relazione di coppia portano a dei ripiegamenti narcisistici individuali che spostano in modo totalizzante il focus: il figlio non viene più ascoltato e si ascoltano solo i propri bisogni.

Concluderei cosi, con una battuta tratta da Alice nel paese delle meraviglie (L. Carrol)
– Alice: Per quanto tempo è per sempre?
– Bianconiglio: A volte, solo un secondo.

PSICOLOGA/PSICOTERAPEUTA

DR.SSA FRANCESCA MARIANI

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