Orari: lun – ven 9.00 – 19.00 | Riceviamo solo su appuntamento

+39 349 53 07 848

LA VIOLENZA, CHIAMARE LE COSE CON IL LORO NOME LE FA ESISTERE E FORSE RICONOSCERE

La violenza sulle donne continua a essere descritta in maniera spesso errata, così che un problema strutturato ed endemico, viene circondato da un alone di disinformazione e di leggende che non rispondono alla realtà dei fatti.

“Gli uomini violenti sono sempre violenti, con chiunque e in ogni azione”, “poverino, lei voleva lasciarlo dalla mattina alla sera”; “le donne se la vanno a cercare” o “chissà per quale “patologia” stanno con quei “mostri” lì”, “figurati se poteva resistere tutti quegli anni in una relazione violenta se era vero”. Le avete sentite vero queste frasi e quante altre?!

Per i professionisti del settore le idee dovrebbero subito schiarirsi in quanto capaci di riconoscere nella narrazione delle donne che denunciano quello che viene definito in letteratura “ciclo della violenza” di Leonor Walker: una teoria che contempla l’esistenza di 3 fasi nelle dinamiche legate alla violenza di genere.

Nel 1979 la Walker aveva notato che le donne non subivano aggressioni continue, che erano anche tutte diverse tra loro, ma che esistono delle fasi della violenza che hanno una durata variabile e diverse manifestazioni. Individuò un modello comportamentale ricorrente in tutte le situazioni di violenza e osservò che questi comportamenti si ripetevano in maniera ciclica.

Ma non tutti i professionisti sanno tenere insieme teoria e pratica: ancora ad oggi in Ospedale, nella aule di Tribunale, nelle Forze dell’Ordine, nei Servizi sociali si annaspa, rifugiandosi dietro il “carico di lavoro”, la non chiarezza delle persone”, il “si è sempre fatto così”, “pochi corsi e talvolta fatti male”. Insomma, meccanismi non diversi da quelli di chi compie violenza, l’accusa all’altro per il proprio comportamento. Però quando a compiere violenza sono le istituzioni, questa si chiama violenza istituzionale e arreca nella vittima una vittimizzazione secondaria.  

Il ciclo della violenza, cosa sapere.

Le ricerche recenti dimostrano che l’incapacità di uscire da questo ciclo della violenza aggrava le conseguenze sino a poter determinare una fine nefasta. La violenza di genere comporta la perdita dei principali punti di riferimento, tra i quali i condizionamenti biologici, psicologici e sociali. 

Rimane sconfortante che il nostro Stato sul sito dell’Istat riporta dati al 2014, ad indicarci come siamo lontani da tutta la cornice teoria di riferimento sopra riportata. Dove siamo invece oggi? Con una donna uccisa ogni 3 giorni.

Il Consiglio Nazionale della Ricerca, ha aggiornato i dati al 24.11.23 evidenziando quanto siano diffuse nel nostro Paese esperienze legate ad episodi di violenza nella popolazione femminile tra i 18 e gli 84 anni. Sono oltre 12 milioni le donne che hanno subito almeno una volta un episodio di violenza fisica o psicologica: di queste, solo il 5% ha denunciato l’accaduto.

 

Scopri di più sulla FORMAZIONE  E SUPERVISIONE per assistenti sociali, educatori professionali, pedagogisti, psicologi, tecnici della riabilitazione psichiatrica. 

 

  • FASE DI CRESCITA DELLA TENSIONE

In questa fase l’uomo inizia a mostrare un atteggiamento scontroso, irrequieto, infastidito. La sua rabbia aumenta in maniera quasi proporzionale con la paura della donna, che abituata coglie i segnali di pericolo e cerca con tutte le strategie in suo possesso di  prevenire l’escalation di violenza, spesso cercando di assecondarlo, sottomettendosi, scusandosi. L’ostilità però continua e se non si manifesta con le urla si presenta sotto forma di intimidazioni, denigrazioni, silenzi. Molte donne affermano di sentirsi come se “camminassero sulle uova”.

  • FASE DI MALTRATTAMENTO

In questa fase si perde il controllo ed esplode la violenza, a partire dai pretesti più vari percepiti dal maltrattante come “colpe” della donna, una su tutte che porta all’agito è il timore di perdere il controllo sulla donna. Il maltrattante quando riconquista il pieno controllo della situazione cessa la violenza. Prima di aggredire fisicamente, il maltrattante può insultare, minacciare e rompere oggetti. Generalmente la violenza fisica è graduale: i primi episodi sono caratterizzati da spintoni, braccia torte, per poi arrivare a schiaffi, pugni e calci o e all’uso di oggetti contundenti ed armi. La donna non reagisce perché grazie a piccoli e perfidi attacchi avvenuti nel tempo il sentimento prevalente è la paura. L’ aggressione da parte del partner le provoca un senso di profonda tristezza e di impotenza, può protestare ma non si difende.

  • FASE DELLA LUNA DI MIELE 

In questa fase il partner assume le sembianze dell’amore utopico, desiderato, intravisto e che riaffiora, si mostra affettuoso, comprensivo, disponibile e premuroso, fa regali inaspettati, chiede scusa per i suoi comportamenti e promette di cambiare, supplicando la donna di non separarsi da lui arrivando a minacciare anche atti estremi perché lui senza di lei non potrebbe mai vivere. In questa prima sotto fase, denominata “delle scuse e delle attenzioni amorevoli” vuole farsi perdonare. Talvolta non si verifica una “luna di miele” come descritta, ma comunque il maltrattante offre una fase di “tregua”, in cui si ricomincia una routine che fa sentire alla donna la possibilità di tornare a vivere più tranquillamente ottenendo anche delle “concessioni”. In una seconda sottofase detta di “scarico della responsabilità” l’uomo attribuisce la colpa del suo comportamento a cause esterne, come il lavoro, la situazione economica, gli amici, i familiari, etc. , e soprattutto alla donna che lo ha provocato o ha fatto qualcosa che giustifica la sua aggressione.

Il ciclo della violenza contempla in altre parole una continua alternanza di atteggiamenti violenti e coercitivi con atteggiamenti opposti di affetto e attenzioni. È proprio questa alternanza la trappola da cui può diventare davvero difficile liberarsi: l’uomo che agisce violenza è anche lo stesso di cui ci si è innamorate e che continua a promettere che le cose andranno meglio. Ciò fa tenere costantemente viva la speranze nella donna, che invece di chiudere una relazione pericolosa, può decidere di dare un’altra opportunità, assumendosi spesso il carico della buona riuscita decidendo di impegnarsi lei stessa nel migliorare la situazione per evitare che lui si arrabbi e ricominci. Questo impegno per le donne diventa spesso un rinunciare alle proprie libertà sino ad annullarsi, facendo di tutto affinché lui non sia mai deluso, sacrificando così spazi personali, evitando il più delle volte di esprimere le proprie opinioni, accettando di vivere in una relazione squilibrata.

All’interno del ciclo della violenza, l’aspetto che maggiormente riscontiamo nei casi di lunga esposizione è che la donna arriva a pensare di essere lei la responsabile dei comportamenti violenti, di non essere stata abbastanza attenta e gentile, meritevole e amabile, può arrivare a pensare di meritare le violenze, a causa degli errori che le vengono rinfacciati.

La violenza in tutte le sue mostruose sfaccettature[/formazione 6inequipe]

La violenza è un atto offensivo e lesivo dell’integrità psicologica e/o fisica, intenzionale e irreparabile, finalizzato alla prevaricazione dell’uno sull’altro/a. Nella dinamica violenta il confronto e la negoziazione non hanno spazio, l’obiettivo della violenza non è il confronto finalizzato al cambiamento, ma l’annullamento dell’altro in quanto tale. Situazione in cui non si ha una condizione di parità tra le parti, ma esiste, invece, uno squilibrio di potere, che si esprime nella prevaricazione di una parte sull’altra. 

 

La disparità di potere può esprimersi in vari modi, può essere intesa come disparità nella disponibilità economica, nella forza fisica, nella dipendenza psicologica indotta dalla violenza stessa, nello status sociale, e viene utilizzata per prevaricare e controllare la parte debole.

Anche se spesso la violenza si genera da situazioni di conflitto, violenza e conflitto non possono e non devono essere confuse o trattate come analoghe, anche perché come abbiamo già ribadito il conflitto non implica necessariamente la violenza e questa ultima può essere agita anche al di fuori di situazioni di conflitto. 

“Un ruolo fondamentale è quello della prevenzione e della promozione di una cultura e di atteggiamenti basati sul rispetto, sulla pari dignità, sui diritti umani e psicologici, sulla civile convivenza, sul riconoscimento e rigetto della discriminazione e della violenza. Serve una cultura delle pari opportunità e la costruzione di una nuova narrazione sul femminile e il maschile, piani nazionali che alimentino azioni positive, a cominciare dai contesti educativi, dal ruolo dei media” (Consiglio Nazionale Ordine degli psicologi. Contrastare la violenza domestica e di genere: una priorità per la professione psicologica). 

 

Come fare tutto questo quando il Governo attuale chiede di eliminare l’educazione sessuale ed affettiva dalle scuole?

 

Ognuno di noi deve saper riconoscere precocemente o ancora meglio prevenire situazioni di violenza attraverso azioni di prevenzione primaria e secondaria, ma soprattutto non va sottovalutata l’importanza della gestione dei conflitti di coppia e intrafamiliari per evitare molte forme di violenza.

Infatti, siamo tutti consapevoli che la violenza ha un impatto duraturo e documentato sulla salute psicologica e fisica, chi la subisce direttamente così come i minori che sono coinvolti, subiscono, come la ricerca dimostra, delle conseguenze di natura psicologica che incidono in maniera preponderante sulla qualità di vita, la salute e, nel caso di minori, sui processi di sviluppo. Stiamo quindi parlando di violenza subita o assistita come un fattore di rischio documentato per la comparsa di disturbi psichici, fisici, problemi comportamentali, anche a distanza di tempo.

L’alto livello di stress negli ambienti casalinghi aumenta la probabilità di abusi domestici, così come i conflitti familiari, la violenza e i disordini civili.

Dovere di ogni cittadino, fare pressione perchè non si lasci nessuno solo. 

Ti invitiamo a seguire la nostra pagina Instagram @6inequipe dove abbiamo nuovamente approfondito uno per uno i tipi di violenza e di come le affrontiamo all’interno dello Studio, integrando la parte giuridica, clinica e sociale.

Inoltre se desideri una formazione specifica su questa tematica con una attenzione specifica alla comprensione della gestione del conflitto contattaci a info@6inequipe.it

 

“Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”

“Libera” di D. Mosquera (da leggere)

RITORTO TONDO@2x

ASSISTENTE SOCIALE

Dr.ssa Sabrina Ritorto

POTREBBERO INTERESSARTI

Torna in alto